Io e le sorpresine vintage

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“mamma, mi compri le mer…”

“no”

“ma ci sono le…..”

enne o, Deborah. Basta. Siamo sommersi dalle sorpresine… tra poco rischiamo lo sfratto!”

Con mia madre quando una decisione veniva presa non c’era più scampo. In effetti l’avevo portata a un superamento abbondante del limite. Allora mi riversavo su mia nonna il cui dna non contemplava alcun rifiuto alla sua cara nipotina. A lei bastava che mangiassi “che poverina questa bambina è tutta pelle e ossa” e che le mie richieste venissero soddisfatte.  Depositava le monete sul palmo della mia mano spedendomi gioiosa dalla tabaccaia di fiducia, donna pletorica, seduta dietro il bancone posizionato un po’ più in alto rispetto ai clienti a voler dominare quel negozietto ricco di tutto ed elargire generosa i suoi grassi sorrisi come fosse un Budda in gonna e make-up vistoso.

Dalle sigarette alle caramelle gommose, al sale da cucina quello grosso, a souvenir barcollanti tra il trash e “chi ha il coraggio di comprare una roba simile”, dai cerchietti per i capelli agli elastici con le ciliegine per fermare trecce e ciucci che andavano tanto di moda, ai portachiavi con gli ologrammi di isole tropicali e anche donne mezze nude, dai coltelli serramanico all’angolo straripante della merenda.

“Ciao bimba, sei arrivata al momento giusto, ci sono nuove sorprese!”

Ecco. Avevo pure una complice che mi appoggiava nella mia passione da “che ci sarà dentro la confezione? Il sacchetto? L’involucro di qualsiasi tipo purché a effetto scricchiolante al tatto?”, che adorava osservare i miei occhi allargarsi di entusiasmo e le mie guance riempirsi come fossero quelle di un criceto.

Le ricordo come fosse ieri quei piccoli oggetti che ora fanno gola ai collezionisti vintage e che se ce le avessi ancora molto probabilmente desisterei dal venderle tanto ci ho giocato e conferito un valore affettivo che si saldava con i momenti magici del mio essere bambina:

1. La manina di gomma raccatta tutto. L’adoravo. Potevo lanciarla a effetto lingua di camaleonte che cattura il moscerino e mi tornava indietro piena di tutto davanti allo sguardo inorridito di mia madre che ogni volta, con il naso arricciato, se ne usciva con “ma che schifo è questa cosa?!” Bastava lavarla con acqua e sapone e via che si ricominciava con l’operazione del recupero resti di casa;

2. I copri matite a forma di ortaggi e frutta. Li ho pretesi uno per uno. A volte mi sono capitati i doppioni e finché non ho ottenuto la gamma completa ho reso la vita dei miei genitori un inferno. Erano fa-vo-lo-si! Facevo fatica a contenere penne e matite nell’astuccio con tutti quei pupazzetti annessi e la cerniera ogni volta  sembrava gridare vendetta quando tentavo di chiuderla. Mi sono sempre piaciute le esagerazioni. Chiedetelo alla mia borsa;

3. Gli adesivi bombati dei personaggi dei cartoni animati (dall’ape Maia, alla macrocefala ape Magà, da Aladino a Stanlio e Ollio e Goldrake!) una volta appiccicati in ogni centimetro del frigorifero quando si staccavano perdendo l’efficacia dell’adesivo mi divertivo a scollarne i bordi per vedere il tipo di imbottitura nascosta dentro e poi li regalavo a mia sorella a cui bastava avere qualcosa che fosse appartenuto a me, poco importava in quale stato;

4. I tatuaggi. Di quelli che li mettevi “a pancia in giù” e per paura non venissero bene te ne stavi sotto il getto dell’acqua anche una buona mezz’ora disposta a farti venire una cancrena all’arto. Mostravo con un certo orgoglio teschi poco raccomandabili, draghi pacchiani, rose rossissime di una finezza invidiabile. Spalmati sul piccolo perimetro del mio avambraccio, inamidati sulla pelle, si screpolavano dopo nemmeno un giorno. Ma era così trendy averli!

La “signora gigante” (così chiamavo la mia tabaccaia preferita) se la rideva facendo traballare il suo ampio addome: “Ah, bimba, sei uno spasso. Non ho mai visto nessuno più goloso e appassionato di queste cianfrusaglie ma come succede per tutte le cose un giorno non ci penserai nemmeno più” e poi spostava il suo sguardo verso l’esterno del negozio con un leggero velo di malinconia negli occhi avvolti dai suoi zigomi polposi.

Cara “signora gigante”, se potessi ancora rivederla l’abbraccerei perdendomi nella sua abbondanza, respirando gli odori rassicuranti del momento più bello della giornata per dirle che si sta sbagliando.

Sono una inguaribile nostalgica io…

 

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