Quando mangiavo arrampicata sugli alberi

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L’estate, il caldo, il profumo di tigli, caprifoglio e gelsomino.

E quel ligustro sfuggito alla potatura a siepe che era diventato un albero strano e bitorzoluto. Lo ricordo perfettamente. Ora non c’è più, ma allora campeggiava nel giardino dei miei genitori e aveva rami perfetti per arrampicartici sopra anche se eri una bimbetta tutta altezza e ossa.

Ricordo estati calde, ma in cui ancora potevo respirare senza che l’afa mi opprimesse, e ricordo le pile di libri da leggere per il puro gusto di farlo.

Piccole Donne, La Piccola Principessa, Polyanna, ma anche La Terribile Banda dei 13 Pirati, La Freccia Nera, I Tre Moschettieri.

Li prendevo e me li portavo ai piedi dell’albero, dopo di che rubavo le cassette dell’acqua (sì, allora si facevano i resi delle bottiglie di vetro!) e le impilavo accanto al mio ramo preferito fino a formare un tavolino altissimo.

Lì trovavano posto i libri e la merenda. Perché essere pelle e ossa ok, ma l’appetito non mi è mai mancato e una bella merenda ha sempre campeggiato accanto ai miei libri.

Passavo le ore così fra parole magiche che passavano rapide sulla carta e sui mie pensieri, e cose golose da mangiare.

Cosa? Dipendeva dal momento, dal livello del caldo, da quello che mia nonna mi preparava o che riuscivo a “creare” io sfuggendo alla supervisione di mia madre che saggiamente temeva per l’esplosione della casa (la prima torta da sola, in un forno a gas senza sicurezze, fatta a otto anni mentre lei riposava l’aveva messa sul chi vive!).

Non so perché ma di tutti i momenti delle mie estati da bambina, questi sono quelli che ricordo meglio e con più senso della trasgressione, quasi che fossero momenti rubati alla vita, ai doveri (per una bimbetta? beh, forse sì!), a tutto quello che non ero io.

In fondo lo dice anche Daniel Pennac nel suo “Come un romanzo”:

“ Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare.)

Rubato a cosa?

Diciamo, al dovere di vivere.

È forse questa la ragione per cui la metropolitana – assennato simbolo del suddetto dovere – finisce per essere la più grande biblioteca del mondo.

Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.

Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi ci si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? Eppure, si è mai visto un innamorato non avere tempo per amare?”

Ecco, quelle merende arrampicata su un albero di ligustro fra libri e profumi sono sempre state tempo per amare. Per amare me. E amare noi stessi regalandoci piccoli momenti di felicità dovrebbe essere un semplice promemoria per ogni giorno della nostra vita non trovate?

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