La fatina della merenda
I pomeriggi della mia infanzia sono pieni di luce, giochi, coccole. Sento ancora il calore del sole e l’avvolgente profumo di erba bagnata e legno di ulivo. La merenda, puntuale e gustosa sanciva la fine dei giochi all’aria aperta e l’imbrunire.
Sul tavolo mi aspettavano ogni giorno dei dolcetti diversi, sapientemente nascosti sotto il cuscino al mio risveglio e conservati per il sacro rito pomeridiano. Solitamente la “fatina” li portava quando si dormiva dai nonni… così la sveglia del mattino era più invitante. La nonna dosava sapientemente zuccherini e cioccolata, barrette o mini porzioni di crema alla nocciola. Andare a scuola senza assaggiarle era una vera tortura, ma sarebbero state lì ad aspettare per tutto il giorno.
Dopo il gioco e prima dei compiti, queste magiche prelibatezze erano lì per me. Solo per me.
La gustosa abitudine della merenda ha accompagnato tutte le fasi della mia vita. Dal periodo della merendina sbucciata come fosse una banana per divorarne subito il ripieno cremoso, alla frutta di stagione regalata dai vicini, e come dimenticare le torte fatte in casa scambiate con gli amici come fossero figurine. Da studentessa universitaria la merenda era la tacita scusa per ritrovarsi intorno al tavolo della cucina con immancabile pane condito di nutella e pettegolezzi. Interi pomeriggi trascorsi a piangere o sognare, lo studio sarebbe arrivato poi.
Questa sacra tradizione adesso la condivido con le mie piccole iene. Che sia al parco, a casa di amici o in cucina, la merenda non può mancare.
Grazie ancora fatina…