Merenda a sorpresa

merenda a sopresa

 

L’attesa…
L’impazienza di sentire il campanello suonare. Tre volte, con dito deciso. Era il nostro segnale.
Poi la corsa giù, lungo le scale, ad aprire la porta.
Un abbraccio forte forte, il nostro primo abbraccio della giornata.
E infine la fatidica domanda: cosa mi hai portato oggi?
Ho amato mia nonna di un amore che tuttora mi riempie la vita. Era la mia compagna di giochi e di merenda.
Ogni giorno attendevo le tre del pomeriggio fantasticando su quale leccornia avrebbe tirato fuori dalla sua borsa.
A volte, fra me e me, speravo in qualcosa in particolare. Di solito le patatine al formaggio. Quelli a forma di cornetto, le mie preferite.
Ma non sempre!
Mi deliziavo già al solo pensiero della sorpresa. M’inebriavo della certezza di quel suo gesto quotidiano nei miei confronti.
Mi aveva pensato. Mi voleva bene.
Quando arrivava il momento di svelare l’arcano, mia nonna mi guardava dritta negli occhi, mi sorrideva, e come un mago che tira fuori un coniglio dal suo cilindro, piano piano mi mostrava la sua scelta: panino a latte con lo zucchero sopra, brioche, patatine, ovetti di cioccolato…
Soddisfatta come sempre, l’abbracciavo di nuovo per ringraziarla, prendevo il regalo tanto sospirato e lo riponevo nella credenza.
Ricominciava l’attesa.
Prima delle cinque niente merenda. Era la regola in casa.
Ma quella era un’altra attesa, dal sapore e dalle emozioni diverse, meno marcate.
Quell’attesa non mi faceva fremere sulla sedia, non mi dava pensiero.
Sì, condividevo l’atto della merenda vero e proprio con mia nonna, ancora una volta, ma anche con mia madre, mia sorella e mia zia.
Prendevamo il the tutti insieme.
Io, nel stringere tra le mani la mia conquista del giorno, di tanto in tanto, in uno sguardo complice, le tiravo un’occhiata. Mi ritagliavo così il nostro spazio.
Ma ciononostante c’erano delle interferenze di conversazione.
Quegli istanti di felicità non erano solo nostri.
E andava bene così!

 

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