Mangiare “come una volta”, tra mito e realtà

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Mangiare “come una volta”, produrre con metodi tradizionali, coltivare qualità “antiche” sono solo alcune delle espressioni che ritroviamo con una certa facilità nei messaggi che vogliano sottintendere la salubrità di un dato prodotto. Ma è sempre vero che “come una volta” faccia il paio con “che fa bene”?

Spesso sì, ma non è così automatico. Nell’immaginario collettivo (italiano) se si considera, per esempio, una merenda sana, si pensa al famoso ciambellone della nonna o ad una torta di mele o a del pane e salame. Nel caso in cui essi contengano ingredienti sani, per la semplicissima formula del buono+buono=buonissimo, saranno tutte merende sanissime. Ovvio.  Aggiungiamoci poi che variando la nostra dieta in modo da assumere giornalmente piccole dosi di ciascun ingrediente, arriviamo alla formula del “con un poco di tutto, niente fa male” e siamo a posto. Eppure non è tutto così semplice.

Possiamo allora divertirci a fare un po’ di ricerca elementare e chiedere a  5 amici, sempre per esempio, quale materia prima alimentare ritengano salutare. Fare una classifica degli alimenti ritenuti “sani” ci potrà dare una idea assai variabile di cosa voglia dire quella parola, di quanti significati diversi le si attribuiscano. Verrà fuori, ad esempio, che il grano è demonizzato da alcuni che lo ritengono responsabile di una infinità di intolleranze e conseguenti reazioni disastrose (reali solo in caso di celiachia) che però santificano il Kamut, ritenendolo un cereale primitivo (dove primitivo è a sua volta sinonimo di sano) mentre dovrebbero sapere che Kamut  o il riso venere integrale, entrambi cereali relativamente nuovi, creati in laboratorio. Ma per molti “creato in laboratorio” è a sua volta sinonimo di “dannoso perché artificiale”, e ricominciamo daccapo.

Emergerà la frutta e se chiederete quale in particolare scoprirete dei paladini degli agrumi tra gli oppositori degli OGM e se andrete ancora più nello specifico vi sarà facile trovare dei fan delle clementine che sono notoriamente state modificate geneticamente perché non avessero i semi.

Insomma c’è un po’ di confusione sotto il cielo, niente di nuovo. Stiamo parlando infatti di stereotipi e di preconcetti. Spesso di semplice disinformazione, a volte di vera informazione pilotata. Come per gli alimenti, altrettanto vale per qualsiasi altra informazione: variare l’approvvigionamento è la base di qualsiasi buona ricetta.

Potremo infatti essere in grado di preparare la migliore delle torte di mele ma se la mangeremo tutti i giorni, se mangeremo solo quella, se la prepareremo sempre con gli stessi ingredienti, con la stessa procedura, avremo anche aumentato il rischio di sviluppare una certa sensibilità a qualcuno dei suoi componenti, no?

Insomma, se la mia fonte di informazioni è sempre la stessa, sempre lo stesso il ritmo con cui mi aggiorno, sempre la stessa l’ora del giorno in cui mi fermo per informarmi, la possibilità che una certa “corrente di pensiero” mi influenzi oltremodo aumenta, no?

Nel cercare di sfatare alcuni dei falsi miti alimentari più diffusi ci imbattiamo quotidianamente in molta disinformazione e spesso in veri e propri deliri preconcetti su questo o su quell’altro alimento. Vi invitiamo perciò a fare “come una volta” (ma una volta quando?) e a variare il menù!

 

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